Tempo di classiche
venerdì, 2.09.2011
L’estate è un bel periodo per gironzolare per monti, belle giornate, sole caldo e luce fino a tardi rende questa stagione propizia a passare tanto tempo in giro per pareti, rifugi e vallate. Così oggi vi voglio parlare di qualche bella salita fatta durante il mese di Agosto, così che se a Settembre, mese ancora ideale a girar per montagne, avete voglia di fare una di queste salite potete farmi un pronto.
Cominciamo col Campanil Basso cima d’eccellenza delle conosciutissime Dolomiti di Brenta, qui con Massimo e Fabio abbiamo salito lo “Spallone Graffer”, il capolavoro di Giorgio Graffer, alpinista e aviatore italiano della Regia Aereonautica durante la seconda guerra mondiale. La sua carriera alpinistica fù di poche ma rilevanti ascensioni in piena epopea del VI grado e le sue vie sono passaggi fondamentali nella storia dell’alpinismo dolomitico. La via sullo spallone è stata aperta insieme a Antonio Miotto compagno di accademia aereonautica, Giorgi Graffer era solito arrampicare a piedi scalzi nei tratti più difficili delle vie, e come raccontato nel libro “Il Campanile Basso – Storia di una montagna” di Marino Stenico e Gino Callin, parlando con Renzo Videsott gli disse che solo sullo Spallone aveva arrampicato scalzo per più tratti, facendo intendere le grandi difficoltà che aveva superato. Inutile aggiungere che questa via merita di essere ripetuta, ed ancora oggi a distanza di quasi ottant’anni resta un itinerario di grande soddisfazione e mai banale.
Sempre con Massimo siamo di nuovo in Vallesinella, questa volta però ci dirigiamo sul primo spigolo della Corna Rossa per ripetere la Detassis-Vidi, che Castiglioni nella sua guida descrive cosi: “Bella salita su ottima roccia verticale e aerea che garantisce passaggi in completa esposizione. Linea logica che mantiene costantemente lo spigolo fino alla cima. Si tratta di una via molto frequentata, sia in passato sia nel presente vista la comodità d’accesso che è garantita dalla vicinanza a Vallesinella e agli impianti del Grostè. Questo spigolo si presenta ben attrezzato con passaggi non banali che regalano delle belle soddisfazioni, anche date dal fatto che si svolgono in un ambiente di montagna che si è mantenuto integro, malgrado la vicinanza “alle comodità“. I chiodi “non sono mai troppi” ma sufficienti sui passaggi più impegnativi. Malgrado la descrizione di alcune guide con gradazioni inferiori, la via offre più di qualche passaggio valutabile di quinto grado.”
Qualche giorno prima però abbiamo visitato una montagna abbastanza dimenticata dal giro degli alpinisti, Il Cimon della Bagozza, col suo bello spigolo esposto a nord visibile già da Schilpario. Qui c’è una via forse ancora poco conosciuta se non dagli alpinisti della bergamasca e bresciana del mitico Riccardo Cassin, aperta in compagnia di Aldo Frattini e Rodolfo Varallo l’8 luglio del 1934. La via regala un’arrampicata di soddisfazione alternando fessure a diedri, strapiombi a placche. “La friabilità della roccia, la chiodatura vetusta e l’esposizione a nord fanno di questo itinerario una via decisamente impegnativa in grado di “regalare” un’esperienza alpinistica notevole a chi la ripete.” Questo è quello che ho trovato scritto in una relazione, e anche per noi visto la giornata particolarmente fredda non è stata da meno. Riccardo invece racconta così nel suo libro “Capocordata” il tiro chiave della via, come al solito con poca retorica e tanta sostanza: “Scrutando, intravediamo un possibile passaggio: mi abbasso seguendo una spaccatura su parete liscia, in esposizione completa, ed entro in un piccolo colatoio. Anche questa volta trovo la traccia di un precedente tentativo: un chiodo con anello di corda segna il punto dove ebbe termine. Uno sguardo in su mi da la spiegazione della rinuncia: il colatoio sale verso sinistra e in alto si perde in una parete priva di appigli. E’ li che non si passa, ed è li che devo passare. Raggiunto con dure manovre quel punto, trovo una piccola fessura che piega ancora verso sinistra e mi conduce, a prezzo di due ore di fatiche ininterrotte, sino a una piazzola di sosta.”