Underground
mercoledì, 25.05.2005
Rieccomi di nuovo sul lancio di partenza, un soffio, mi tuffo e sono per l’ennesima volta su questo “impressionante” tetto a cinque metri da terra. Faccio la prima sezione molto veloce, come al solito. Arrivo alla prima decontrazione e me rilasso un attimo, ripassando il primo difficile boulder. Parto, incastro di ginocchi, poi metto il tallone, lancio e guadagno il secondo riposo. Cerco di nuovo di decontrarre, questa è una via molto strana, diversa dalle altre, devi spingere sull’acceleratore della forza al massimo per fare i difficili boulder e poi cercare di azzerare il sistema nervoso nei punti di riposo, per poi ripartire a tutta.
Faccio il secondo passo di blocco, col movimento più circense di tutta la via, un grande incrocio, una moschettata e ripartire subito con un spettacolare lancio, di non facile impostazione. E rieccomi per l’ennesima volta sull’ultimo passo di blocco, dove sarò già caduto più di una decina di volte. Questo passaggio è molto aleatorio, bisogna tenere delle prese sfuggenti, e alzare i piedi più in alto delle mani, facendo una specie di dulfer orizzontale e riuscire a guadagnare una spallata di destro. E’ una sezione che mi ha fatto partire la testa in questi tre anni che ho provato la via.
Nel 2003 sono caduto circa sei volte all’uscita, poi non vedendo miglioramenti mi sono demoralizzato e avevo deciso di abbandonare il progetto. L’anno scorso sono ritornato sulla via con Gerhard Horagher, che con me aveva condiviso i tentativi dell’anno prima, ma dopo un paio di giorni abbiamo deciso di abbandonare nuovamente, probabilmente entrambi non eravamo molto convinti. Quest’anno il mio motivatore è stato Uros Perko: mi ha detto che aveva trovato un nuovo metodo per l’ultimo passaggio, un sistema più fisico ma molto meno aleatorio…
Cerco di recuperare al meglio e riparto, lancio al buco, ‘zzo è un po’ bagnato dove devo pinzare col pollice, moschetto smagnesio e vado, questa volta riesco a afferrare l’ultima presa, ancora qualche movimento e moschetto la corda nella sosta, urlo un SIIIIIIIII…. e finalmente non sono più “underground”.